La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16391/2013, ha stabilito che può rischiare una condanna per favoreggiamento, il prete che induce la madre di una ragazzina undicenne a non sporgere denuncia per le molestie a cui un terzo aveva sottoposto la figlia dicendogli “dì a tua figlia che la denuncia è contro la chiesa”.
Per gli "Ermellini", l’imputato ha abusato della qualità rivestita, violando i doveri connessi al suo ministero pastorale, “allorquando ha strumentalizzato il legame spirituale di colei che gli si era rivolto in quel grave frangente ponendo, senz’altro e radicalmente, in conflitto la denuncia con la stessa istituzione e confessione religiose. In tal modo, conculcando la libera determinazione della madre così pressata ad omettere la denuncia ed a condizionare nello stesso senso la piccola vittima”.
Inoltre, i Giudici di Piazza Cavour, hanno sottolinenato che condotta di favoreggiamento personale deve intendersi non solo quella diretta a deviare le indagini già in atto, ma anche quella diretta ad evitare che l’autorità proceda ad accertamenti in ordine al reato e alla scoperta dell’autore di esso. Risulta, quindi, errato anche il secondo argomento della sentenza sulla assenza di obiettiva valenza elusiva della perseguita omissione della denuncia, tenuto conto che per l’integrazione della fattispecie non è necessaria la dimostrazione dell’effettivo vantaggio conseguito dal soggetto favorito, occorrendo solo la prova della oggettiva idoneità della condotta favoreggiatrice ad intralciare il corso della giustizia.
(Corte di Cassazione – Sez V pen – 10 aprile 2013 n. 16391)